Il Papa: educare è promuovere dignità, giustizia, fiducia in un mondo di conflitti

Diffusa il 28 ottobre, la Lettera apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza” in occasione dei sessant’anni dalla Dichiarazione conciliare “Gravissimum educationis”, documento che Leone XIV rilancia e integra con le sfide attuali. Ribadita la necessità della formazione integrale della persona, che non può essere ridotta a un algoritmo, della famiglia come primo luogo educativo, e incoraggiato il lavoro di rete: “Meno cattedre e più tavole dove sedersi insieme, senza gerarchie inutili”

Papa Leone XIV mostra la Lettera apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza” dopo la firma nella Basilica Vaticana. Accanto, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione.

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Davanti ai tanti milioni di bambini nel mondo ancora senza accesso alla scolarizzazione primaria, e alle drammatiche situazioni di emergenza educativa provocata da guerre, migrazioni, diseguaglianze e diverse forme di povertà, come è interpellata l’educazione cristiana? Sono solo alcune delle domande da cui prende le mosse Papa Leone XIV nella sua Lettera apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza” firmata ieri, 27 ottobre, e oggi diffusa, in occasione del 60mo anniversario della Dichiarazione conciliare Gravissimum Educationis. Un testo, sottolinea Leone, che in un ambiente educativo complesso, frammentato, digitalizzato come quello attuale, “non ha perso mordente”, anzi mostra “una tenuta sorprendente”.

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Quel messaggio di slancio delle comunità educative a costruire ponti in modo da offrire, con creatività, formazione professionale e civile a scuola e in università, si rivela oggi infatti quanto mai valido e urgente, afferma il Papa. La direzione da seguire è pertanto quella già indicata nel documento del Vaticano II che ha dato origine a una costellazione di opere e carismi, patrimonio spirituale e pedagogico prezioso.

I carismi educativi non sono formule rigide

Spiccato è il dinamismo che attraversa la Lettera di Leone XIV che invita a usare i carismi educativi sempre come risposta “originale” ai bisogni di ogni epoca. Citando Sant’Agostino – il quale aveva compreso che il maestro autentico suscita il desiderio della verità, educa la libertà a leggere i segni e ad ascoltare la voce interiore -, il Pontefice accenna al contributo che nei secoli è stato maturato in questo ambito: dal Monachesimo, capace, anche nei luoghi più impervi, di portare avanti questa tradizione, all’opera degli Ordini Mendicanti, e alla Ratio Studiorum in cui confluirono il filone della scolastica e quella della spiritualità ignaziana. Ricorda poi l’esperienza di San Giuseppe Calasanzio con le scuole gratuite per i poveri, quella di San Giovanni Battista de La Salle, con l’attenzione ai figli di contadini e operai a cui si sarebbero dedicati i Fratelli delle Scuole Cristiane, e ancora l’impegno di San Marcellino Champagnat a superare ogni discriminazione nell’opera educativa, quello storico di San Giovanni Bosco con il suo “metodo preventivo”. Non tralascia, il Papa, di nominare il coraggio di tante donne che, ricorda, hanno aperto varchi per le ragazze, i migranti, gli ultimi: Vicenza Maria López y Vicuña, Francesca Cabrini, Giuseppina Bakhita, Maria Montessori, Katharine Drexel o Elizabeth Ann Seton.

L’educazione cristiana è opera corale

Ci tiene molto, il Papa, a sottolineare l’importanza del “noi”, a ribadire che “nessuno educa da solo”: nella comunità educante il docente, lo studente, la famiglia, il personale amministrativo e di servizio, i pastori e la società civile convergono per generare vita. La ripresa del pensiero di San John Newman – che proprio nel contesto del Giubileo del mondo educativo viene dichiarato co-patrono insieme a San Tommaso d’Aquino – è qui particolarmente pertinente per “invitare – spiega il Papa – a rinnovare l’impegno per una conoscenza tanto intellettualmente responsabile e rigorosa quanto profondamente umana”. Nel mettere in risalto la vivacità da alimentare negli ambienti educativi, afferma che occorre “uscire dalle secche col recuperare una visione empatica e aperta”. […]

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